venerdì 26 ottobre 2012

Action Bronson | la pesca gigante


Il rap è una roba che in genere o si segue e ci si appassiona, oppure si percepisce come anacronistica, ripetitiva e priva di fondamento. Io per esempio ascoltavo un po’ di rap da adolescente, poi ho smesso. Ho ripreso quando la mia street credibility era ormai definitivamente scesa sotto lo zero e lo zarro con i Gucci era pronto a rinfacciarmi che venivo da un paese di mille abitanti mentre lui spacciava occhiali da sole rubati e chetamina.  
Si sa, a volte le cose vanno storte, la pressione sanguigna si abbassa e tra un album di Ariel Pink e uno dei Chromatics viene voglia di staccare, di essere fomentato da qualcuno che crede in quello che sta facendo. Insomma, tutto questo postmoderno chic tagliato male ha cagato il cazzo, per questo ho ricominciato ad ascoltare rap. Non per entrare nel giro della chetamina.
Oggi, per un ragazzotto che mette Pitchfork tra i preferiti (io, per esempio), è piuttosto difficile uscire dall’estetica shoegaze, dalla chillwave e dalla celebrazione del vintage. Almeno, fino a quando non torneranno di moda gli Oasis. E questo perché in fondo Pitchfork ha quasi sempre ragione, conosce bene chi lo tiene tra i preferiti e sa bene che i miei gusti sono già stati plagiati dal tempo e dai Sonic Youth. Non posso mica tornare indietro e scaricarmi il secondo disco dei Gemelli Diversi piangendo nella vasca con in mano un tostapane. 
La domanda che mi pongo è la seguente. Alla luce del mio retaggio alternative chic fatto di delay e bassa fedeltà, trovo posto oggi per il rap? Sì. Quindi. Cosa viene prima di Gucci Mane, Timbaland e le mossette? Action Bronson, per esempio.


 Il sarcasmo è l’unica vera via di fuga che ci è stata offerta. E la nostra via di fuga, negli ultimi lustri, non è che una chiave di lettura del mondo, un piccolo gioco intellettuale. Tipo. La vita è una merda, il mercato del lavoro è una merda a meno che tu non sia un broker, i broker sono una merda gigante, la cultura globale è in mano a due aziende del cazzo che fanno bibite quindi basta, basta che non prendi sul serio niente, neanche i due soldi che ti danno. Niente. Perfetto. 
Action Bronson è albanese, viene dal Queens (New York), è obeso, ha la barba rossa gonfia e fa lo chef. Nei suoi testi parla di puttane, droga e aceto balsamico ed è uno dei migliori emcees al mondo perché ha un flow mostruoso, sceglie beats/produttori mostruosi e sorride.
Se volete la sua discografia cercatevela, prima che la vostra soglia di attenzione scenda sotto i cinquanta secondi di autonomia.





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